Sugli Alberi Cosmici e il seme del culto

L’antica mitologia cinese menziona diversi alberi mitologici.
Il più noto è Fusang (un tipo di gelso) – l’albero che raggiunge un’altezza di diverse migliaia di changs.

In cima all’albero sedeva un gallo che cantava all’alba; secondo il mito fu seguito prima da tutti gli altri galli mitici, e poi da tutti i galli terreni.

La mitologia Udmurt, ad esempio, cita i galli dell’altro mondo: “Ci sono galli sottoterra: – kylchin atas (gallo di kylchin; kylchin – creatore). Quando canta kylchin atas, cantano anche tutti i nostri galli. (Vladykin 1994: 75; Vereshchagin 1996: 132).

Queste ricerche esposte sono dell’antropologo Aado Lintrop edite nel giornale Folklore Vol. 16 ISSN 1406-0957, Edito da Mare Kõiva & Andres Kuperjanov, Pubblicate da the Folk Belief and Media Group of ELM, che vi invito a leggere. Ripercorrendo angusti luoghi è possibile arrivare ad una conoscenza che tocca realtà apparentemente slegate ai più ma unite da un sottile filo conduttore del mito non facilmente accessibile ai meno curiosi e avvezzi alla ricerca.

Nella tradizione estone il gallo celeste ad esempio sale sull’albero sacro prima dei galli terreni. Le canzoni menzionano anche i galli del bosco sacro, ad esempio:

Lähme homme hommikulla, / et ei kuule hiie kuked / ega näe hiie neiud.

Concezioni di alberi cosmici che crescono in ogni parte del mondo si presentano in diverse mitologie, dai popoli nord-siberiani, a quelli europei, a quelli asiatici, quasi a voler dimostrare una conoscenza antica che sfugge al nostro ricordo.

L’albero era inteso come essere divino e sacro, pianta eccelsa che si eleva in cielo e solca le profondità della terra.
Le acque su cui poggia l’albero sono acque sacre contenenti la risoluzione di tutte le cose passate, presenti e future, l’impulso di cose a venire e di cose che diverranno.

Sono «acque» soltanto nella definizione, poiché non abbiamo una trascrizione che le identifichi come tali.

Dal manoscritto islandese del 17mo secolo 738 4to.

Nel mito nordico sono abitate da tre delle Norne fuori dal tempo e lo spazio: la prima è molto antica e si chiama Urðr: governa l’azione passata che diviene fatto; la seconda Verðandi: riflette l’attuale processo del fato che deve «esser costruito»; la terza Skuld: governa il «sarà», come risultato diretto delle scelte del passato.

Quindi parlò Gangleri:
«Dove si trova la residenza principale o il luogo più sacro degli dèi?». Rispose Har:
«Si trova presso il frassino Yggdrasil. Là gli dèi devono tenere il loro consiglio ogni giorno (…)».
Allora disse Jafnhar: «Il frassino è di tutti gli alberi il più imponente e il migliore; i suoi rami si estendono su tutto il mondo e sovrastano il cielo. Tre radici sostengono l’albero e si protendono per vasti spazi: una va fra gli Asi un’altra fra gli Hrímþursar, là dove un tempo c’era il Ginnungagap, la terza si stende sopra Niflneim; sotto questa radice si trova Hvergilmir e Niodoggr la rosicchia dal basso. Sotto la radice che si dirige verso gli Hrímþursar c’è Mìmisbrunnr ove sono conservate saggezza e intelligenza. Si chiama Mìmir colui che possiede la fonte: egli è pieno di sapienza, poiché beve alla sorgente con il corno Gjallarhorn. Là andò Allfodr e chiese di bere dalla fonte, ma non gli fu concesso prima di aver lasciato in pegno un suo occhio. La terza radice del frassino si protende nel cielo e sotto di essa si trova quella sorgente, sommamente sacra, che si chiama Urdarbrunnr; qui gli dèi tengono il loro consiglio. Ogni giorno gli Asi vi giungono a cavallo attraverso Bifrost, perciò è detto anche Asbrù. I cavalli degli Asi si chiamano così: Sleipnir è il migliore, appartiene a Odinn e possiede otto zampe. Il secondo è Glaðr, il terzo Gyllir, il quarto Glenr, il quinto Skeiðbrimir, il sesto Silfrintoppr, il settimo Sinir, l’ottavo Gils, il nono Falhófnir, il decimo Gulltoppr, l’undicesimo Léttfeti. Il cavallo di Baldr fu bruciato insieme al padrone».

(Estr.La Stregoneria dei dei Vani)

Interessante è anche il collegamento tra gli animali presenti su ogni albero cosmico.

Lo scintillante gallo dorato che siede sul ramo più alto dell’albero lo troviamo nel poema eddico Fjölsvinnsmál, ad esempio

[…]che gallo è sul ramo più alto che luccica tutto d’oro?
Il suo nome brilla come un fulmine

Nella mitologia norrena, Víðópnir è un uccello mitologico. Secondo il Fjölsvinnsmál, Víðópnir o Víðófnir è un gallo che abita la cima dell’albero del mondo, rappresentato anche come aquila.

Connesso ad Hræsvelgr, un gigante. Secondo il Vafþrúðnismál il vento è prodotto da Hræsvelgr, il quale, sotto forma di aquila, siede alla fine del cielo e agita le sue ali.

Così dice Snorri Sturluson nella sua Edda in prosa, nel Gylfaginning XVIII.

Dal manoscritto islandese del 17mo secolo 738 4to.

È spesso ipotizzato che l’aquila Hræsvelgr ed il il gallo/falco Víðófnir possano rappresentare la stessa figura ma nessuna fonte conferma ciò, dunque rimane solo un’ipotesi.

Mímameiðr è menzionato nelle stanze del poema eddico Fjölsvinnsmál , dove l’albero è descritto come dotato di rami che si estendono su ogni terra, portando frutti utili.

Viðópnir ricorre semplicemente in un’altra fonte medievale norrena, una minuscola frase di Snorri Sturluson, dove parla di un custode della porta delle terre di Hél, Gjallandi. Viðópnir, ha una forte connessione con Veðrfölnir il falco posato tra i suoi occhi, come voler amplificare una vista al di là dei piani dell’albero maestro.

Víðópnir è detto anche Serpente dell’albero, apparentemente identico al gallo Gollinkambi (cfr. Volusp, 43) o Fjalar (cfr. Volusp, 42), il primo dei quali chiama gli dèi alla battaglia, il secondo i giganti .

Víðópnir può essere ucciso solo con l’arma Lævateinn. Lui è il regolatore del vento.

Veðrfölnir e Víðófnir per una analogia sistemica sono connessi ad un serpente evoluto che ci porta ad una ciclica relazione con Níðhöggr, il drago, diventa molto più interessante ed intensa si quanto possa immaginare.

Níðhöggr/Níðhǫggr è menzionato anche alla fine della Völuspá , dove viene identificato come un drago e serpente.

Il seme del culto del drago ha bisogno di ritornare e riconoscere la sua rivalsa attraverso il recupero delle memorie che possano così ricondurre alla ribalta di figure sacre che un tempo vennero devastate e che adesso abbiamo dimenticato e sono riportate solo da racconti di fantasia.

Foto di copertina estratta da “Libro delle meraviglie del mondo”.

Ylenia Oliverio
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Fondatrice e docente dell'Accademia Vanatrú Italia.

Laureata in Filosofia e Storia, Master post Laurea in Beni Archeologici, Master in Preserving and Increasing Value of Cultural Heritage, conseguito a Roskilde (Copenaghen), ulteriore integramento post Laurea.

Archeologo da oltre 13 anni, specializzata in scavo dei cantieri urbani, ha incentrato la sua attenzione verso i culti dell’Europa del Nord e dell'Euroasia durante la sua permanenza nel Canton Ticino per stages formativi al Centro Studi Internazionali Luganesi.

Svolge attività di formazione e informazione, in Italia e in Europa, per la promozione, divulgazione e rivalutazione del Culto Vanico, del Paganesimo puro e degli Antichi Culti dell’Europa ed Euroasia.

Il primo incontro con la Stregoneria Tradizionale è avvenuto nel 1990.

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