«Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.»

Una frase, dieci parole: ecco ciò che ha dato il via all’evento più segnante per la cultura e la storia della nostra Europa. 

Ma facciamo un passo indietro.

La Grecia è stata per lunghissimo tempo il centro culturale e filosofico di eccellenza di tutto il mondo antico; basti pensare a Socrate, Platone e Aristotele, con cui la filosofia ha raggiunto il suo apice nell’età classica, e grazie ai quali abbiamo iniziato a scendere più a fondo nel discorso religioso, definendo l’anima come immortale e incorporea e sottolineando la forma esistenziale perfetta degli Dèi – tutti gli Dèi, per questo “ignoti”, non identificabili in un pantheon specifico.

Atene al tempo era una florida città di giovani studiosi e filosofi pagani: idoli e templi si stagliavano tra le case e venivano vissuti e mostrati con orgoglio.

Qui verso la fine del 49 e gli inizi del 50 a.C. Paolo di Tarso diede vita al primo incontro tra greci e cristiani attraverso un discorso sacrilego che porterà prima in agorà e poi nel punto più importante di Atene: l’Areopago.

Il paganesimo era inaccettabile per San Paolo, che fremeva e cercava di discutere ogni giorno nella piazza principale con filosofi epicurei e stoici riguardo la loro religione. Preso come ciarlatano ma curiosi di discuterne lo portarono sull’Areopago, la collina rocciosa e spoglia di verde situata ai piedi dell’Acropoli, che secondo la tradizione ospita il santuario delle Erinni: qui al tempo si celebravano i grandi processi agli assassini, e questo dettaglio rese il discorso di San Paolo una vera e propria commistione tra un’udienza e una conferenza.

E lo fu a tutti gli effetti, perché fu pensato per convertire i pagani al Dio cristiano, con retorica e stoicismo.

Questa conversazione fu documentata poi negli Atti degli Apostoli, al capitolo 17:

«Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in tempi costruiti dalle mani dell’ uomo, né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’immaginazione umana. Dopo essere passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti».

Il suo discorso dell’Areopago – come immaginato – non sortì subito un grande effetto, anzi venne accolto con molta freddezza, quasi derisione per quel “giudizio di un solo Dio”, un monoteismo impensabile per il popolo europeo che viveva sulla propria pelle il culto politeistico. Eppure questo evento è davvero significativo, perché fu il seme cristiano che si iniziò a insinuare nella coscienza dei giovani greci e che si espanse poi nell’Impero Romano e in tutta l’Europa, e da queste parole si iniziarono a gettare poi le basi per la violenta evangelizzazione di cui tutti abbiamo memoria nei secoli.

Ma oggi è arrivato il vento del cambiamento.

L’Areopago ha rappresentato un taglio netto per tutta la nostra memoria storica europea e quella che abbiamo oggi; potremmo quasi dire che esiste un’Europa prima e dopo il discorso dell’Areopago di San Paolo – ed è per questo, che da questo discorso, da questo ricordo e da questo luogo fisso nel tempo che ricomincia tutto.

Il vento del cambiamento è lo stesso che porta linfa al sacro, che tornerà a pulsare nelle vene pagane della nostra Europa attraverso lo studio e la ricerca degli antichi culti: tornano in auge gli Dèi e l’uomo pagano.

Torneremo a essere ciò che eravamo nel nostro qui e ora, per portarlo tramandare nel futuro con conoscenza e filosofico romanticismo. 

Federico Pizzileo
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Seminarista e docente presso l'Accademia Vanatrú Italia.

Gli studi di linguistica e di filologia germanica universitari gli hanno aperto il mondo verso uno sguardo nuovo alle parole e alle radici europee. Con l'arrivo in A.V.I. ha potuto scoprire la sua origine pagana, entrare nella stregoneria, nell'esoterismo e nell'occultismo e acquisire il metodo di ricerca innovativo.

Oggi, oltre a essere seminarista, si occupa anche della sezione di classi relativa al mito, al rito, alle saghe e al recupero del pensiero dell'uomo antico.

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