Da strega a sibilla: la voce che attraversa i millenni

In questo articolo affronteremo la figura della Sibilla e necessariamente bisognerà tendere la lente verso la letteratura, nonché fare appello a leggende e miti non per provarvi una veridicità ma per rivelarvi cosa dietro questa figura si è a lungo celato.

La Sibilla è il successivo termine per definire nient’altro che la strega, dunque partendo da tale consapevolezza percorriamo l’intreccio che ha reso la Strega Sibilla, solcando quel confine che per paura è stato creato tra il civile e il selvaggio.

Sibilla deriva dal termine greco Σίβυλλα (Sibylla), che significa “profetessa”, ma considerando la radice dorica σιος (Sios), “dio” e βυλη (Bule) “consiglio, volontà” lo possiamo tradurre come “Consigliera degli Dei”, dunque come il tramite, attraverso il suo dire, di una volontà più alta.

La Sibilla attraversando le epoche, a partire dal mondo arcaico fino al periodo medievale, mantiene un fulcro: è la profetessa, colei che attraverso una trance attiva, diviene portavoce del messaggio divino, stato spesso definito invasamento, o legato a uno stato di follia.

<<La sibilla dalla bocca folle,

pronunciando parole senza riso né ornamento né profumo

attraversa con la sua voce i millenni>>

Eraclito

Per evitare qualsivoglia fraintendimento, se analizziamo l’etimologia della parola Follia, vediamo che deriva dal latino Folle che, nel suo significato arcaico, corrisponde a “vuoto, mantice”, evidente è lo stretto legame con il Soffio, e ancora, se osserviamo da un punto di vista storico, la follia perde la sua sacralità nelle epoche successive, a partire dal medioevo. Nel periodo classico era legata alla Pizia, alla Völva, alla Sibilla che attraverso il Soffio Divino, diviene Voce degli Oracoli.

La Sibilla, a differenza della Pizia, annuncia i suoi “tristi presagi” senza richiesta, ella con furor profetico pronuncia eventi, situazioni, catastrofi in riferimento a popoli o direttamente all’umanità intera, quindi con carattere universale. Le fonti classiche ci parlano ampiamente della figura della Sibilla, una peculiarità che la differenzia nuovamente della Pizia, è il suo essere sempre in movimento. Ella viaggiava molto e per molti luoghi e prendeva appellativi diversificati, infatti l’origine di tale figura non è circoscritta in luoghi ben definiti anzi, basta pensare al catalogo Verroniano che, generalizzando ne cita dieci rispetto alle zone di appartenenza: la Sibilla Persica, Libica, Delfica, Cimmeria, Eritrea, Samia, Cumana, Ellespontica, Frigia, Tiburtina. Molti studiosi pensano che le figure degli Apostoli siano originate proprio dalla figura molteplice della Sibilla, solo completamente espropriata e riadattata. 

Nelle testimonianze troviamo le varie Sibille parlare della loro stessa morte e di come si divideranno nel mondo naturale! Interessante è l’idea che la Sibilla sia composta dall’anima (psyche), dal respiro (pneuma) e il corpo (soma), e come i primi due elementi una volta scissi si mescolano per rimanere nell’aria, dove la Voce abita, come ci riporta Flegonte. 

Dunque ciò coglie un aspetto non indifferente della sibilla: il comunicare con il principio vitale, ovvero il Pneuma. 

Uno dei miti più conosciuti attorno a tale figura è il mito della Sibilla Cumana, dove ella si sottrae dal donare la sua verginità al Dio Apollo in cambio di una lunga vita. Questo atto, che definirei chiave per il proseguo dell’articolo, è ben esplicato nelle Metamorfosi di Ovidio, libro XIV:

<<Non sono una dea – disse – e non

credermi un essere umano degno dell’onore di un sacro incenso

e per non sbagliare, ignorando i fatti, sappi che mi sarebbe stata data

una vita eterna e che mai avrebbe avuto fine, se la mia verginità

fosse stata accessibile a Febo innamorato.

Mentre questi spera di ottenerla, mentre desidera corrompermi con i doni,

dice, “Fanciulla di Cuma, scegli ciò che desideri”.

[…] Verrà il tempo in cui la lunga vita mi farà piccola

da un corpo così grande e le membra consumate dalla vecchiaia

si ridurranno a un peso minimo e non sembrerà possibile

che io sia stata amata né che io sia piaciuta a un dio;

forse anche Febo stesso o non mi riconoscerà o negherà

di avermi amata: a tal punto si dirà che sono mutata e invisibile

a tutti; sarò riconosciuta tuttavia dalla voce

quella voce che i fati mi lasceranno.>>

L’inganno e il fascio della vita che s’increspa ma non si spezza, come un fiore che non riceve cura ma che non perde il suo profumo sono il simbolismo degli Antichi Culti, riadattati attraverso l’inganno senza mai perder la loro Voce, oggi come allora. La Sibilla in tal senso acquisisce un senso universale e generale, come difatti è propriamente il suo vaticinio, e attraverso il mito permea salda la Pura fonte da cui attinge il suo Dire, che invano hanno provato a sottrarre, tramite l’inganno di un Dio della Legittimazione. Questo mito lo lascia proprio intuire, è come se ella avesse una fedeltà a qualcosa di più antico, che vi era prima dello stesso Febo, e con tono di rimprovero lei afferma che anch’egli, il cosiddetto Dio degli oracoli, non la riconoscerà.

L’oracolo sibillino, analizzando le fonti, è controverso poiché talvolta vien espresso che ella risponde a voce, altre, come spiegato dallo stesso Virgilio nell’Eneide, che scriveva i suoi responsi sulle foglie, ma la sequenza delle parole, scombinata dal vento, rimaneva oscura ai richiedenti, i quali finirono col nutrire sentimenti di astio nei confronti della veggente. C’è anche da precisare che il suo dire “senza riso né ornamento né profumo” bisogna intenderlo come un messaggio essenziale, ma che rimane Poetico. Difatti la Sibilla scrive in Esametri, e viene anche detta “Figlia delle Muse”.

 

Una delle raccolte più conosciute sono gli Oracula Sibyllina, composta da 12 libri tutti in esametri greci. Non è un corpus unitario, anzi è ricco di revisioni e aggiunte successive, nonché riferimenti a tradizioni eterogenee. In ogni libro, come notano anche gli studiosi, si avverte la presenza di parti più antiche, facilmente distinguibili, e combinate sapientemente con frammenti più recenti anche di diversa provenienza. In questa fonte vediamo come vi è un forte sincretismo delle ideologie cristiane con quelle pagane, l’astuzia del movimento nascente è stata di inserire elementi mantenendo la trama pagana, ma ingenuamente lasciando traccia, davanti agli occhi del mondo, l’origine da cui hanno attinto. Infatti bisogna ricordarsi, qualora si leggesse l’opera, che soprattutto il materiale risalente all’età bizantina è espressione di una comunità giudeo-cristiana, con scopo propagandistico sfruttando un connubio tra politica e tensione apologetica. Chiarificate queste linee di massima, possiamo distinguere due nuclei nell’opera: gli oracoli giudeo-ellenisti e gli oracoli giudeo-cristiani, i quali sono riadattati per i scopi su citati. Le origini dei libri sono disparate, ad esempio ne troviamo uno di origine siriaca, uno greca, l’altro egizia, nonchè anche elementi etruschi, questo per rendere l’idea del corpus magnae che compone e di come bisogna avere un forte occhio critico nella lettura. Interessante è un particolare sguardo verso le culture del bacino mesopotamico, dove vediamo anche in quelle zone molto viva la pratica della mantica ispirata. Gli studiosi hanno notato una comunanza degli Oracula Sibyllina con la strutture di antiche profezie mesopotamiche, difatti è proprio in queste zone che risalgono le fonti più antiche sull’argomento in esame.

La Strega, da Signora di alto rango, cui la società faceva grande riferimento e interrogava sempre nei momenti di importanti scelte, ha iniziato a divenire Sibilla, confinata in luoghi lontani e oscuri. Quindi possiamo dire che a livello socio-culturale la Sibilla è colei che è stata respinta dalla società e confinata in zone marginali e oscure ma pur sempre caratterizzanti il suo Sapere. Il Tramonto degli Oracoli di cui ci parla Plutarco è coincidente con l’avvento della loro scrittura, perchè purtroppo in tal senso e in assenza di virtù, l’utilizzo degli stessi divenne improprio e ne venne a dimostranza l’esempio su citato.

La Sibilla raggiunta tramite veri e propri viaggi, fisici e inferi, come si denota nel lascito letterario, diviene colei che tenta, attira e si appropria degli animi. Abbiamo diverse storie che narrano di uomini che giungono a lei, facendo attenzione a non cedere al demonio, dopodiché si recano dal papa o dalle figure clericali per richiedere il perdono. Ciò significa che il sentimento religioso pagano è sempre rimasto vivo, perché nel momento del bisogno il singolo si spinge alla ricerca della Sibilla, della Strega, colei che sà, ma per timore di una punizione torna indietro.

Possiamo dire che la figurazione della Sibilla è il simbolo del Paganesimo, ciò che hanno subito i nostri antenati, partendo dall’inganno per concludere con la derisione, descritta come vecchia e stantia, come un qualcosa di morente ma che permane, anzi diviene mito per preservare l’Antico sapere.

Nelle Noctes atticae di Aulo Gellio si racconta la diffusione dei Libri Sibillini, una leggenda davvero significativa. Una vecchia donna si reca al cospetto di Tarquinio il Superbo per vendere nove libri, che diceva essere oracolari. Alla stima della cifra richiesta, Tarquinio rise tanto e derise la donna a riguardo. Allora ella prese sei dei nove libri e li bruciò, dunque chiese la stessa cifra iniziale solo per tre degli stessi. Questi tre libri vennero custoditi in un santuario e affidati alla custodia di quindici membri patrizi.

Qui vediamo come la possibilità della Conoscenza si sia persa nella derisione, e la Sibilla non ci pensa due volte a negarla. Il valore dei Libri non muta, anche se inferiore di numero, questo per sottolineare il Valore di un sapere che non è gratuito, ma richiede sempre qualcosa in cambio.

Avviandoci verso la conclusione, volevo porre un ultimo accenno riguardante uno scritto del II secolo, articolato in 5 visioni, 12 precetti e 10 parabole sul tema del perdono divino, narrati da Erma, probabile personaggio del primo Cristianesimo. Sorvolando sulle altre visioni, ci soffermiamo solo sulla seconda dove racconta:

<<Mentre pregavo si aprì il cielo, e vedo quella donna, che avevo desiderato, salutarmi dal cielo dicendo: “Salve, Erma”. Voltomi a lei, le dico: “Signora, che fai tu qui?”; […] vedo dinanzi a me un gran seggio bianco fatto di lane candide come la neve. E venne una donna anziana in veste splendidissima avente un libro in mano, e si sedette sola e mi salutò: “Salve Erma”; […] Mi dice: “Vuoi sentirmi leggere?”. E io dico: “Voglio, signora”. Mi dice: “Fatti uditore e ascolta le glorie di Dio” […]. “Ti piacque la mia lettura?”. E io le dico: “Signora,queste ultime mi piacciono, ma le prime sono difficili e dure”. Ed ella soggiunsedicendo: “Queste ultime sono per i giusti, le prime invece sono per i gentili e pergli apostati”; Le dico: “Signora, non posso ricordare tante cose; dammi il libretto,affinché io lo trascriva”. “Prendilo”, dice, “e me lo restituirai”. Io lo presi e, ritiratomiin un luogo del campo, copiai lettera per lettera, poiché non raccapezzavo lesillabe […]. Mentre dormivo, poi, o fratelli, mi fu fatta una rivelazione da ungiovane bellissimo, che mi diceva: “La vecchia, da cui prendesti il libretto, chi crediche sia?”. Io dico: “La Sibilla”. “Ti sbagli”, dice, “non è vero”. “Chi è dunque?” dico.“La Chiesa”, dice.>>

Trousson (1965) non lascia spazio a fraintendimenti, è essenziale e calzante quando afferma che la Chiesa altro non è che il motivo di cui Sibilla costituisce il tema, difatti questa sovrapposizione non lascia spazio al caso, anzi vediamo come è radicata la figura della Veggente, colei che annuncia, colei che è in ogni tradizione, cultura e la presenza femminile, per quanto hanno tentato di sopprimere, si è rivelata necessaria anche se utilizzata impropriamente, perché anche nel Cristianesimo è lei la detentrice del sapere, perciò condannata, resa marginale, invisibile ma sempre udibile.

In definitiva questo articolo non vuole essere un quadro storico, piuttosto un narrare quel passaggio perchè alle volte sono i Come che fanno la differenza e soprattutto i Perchè a rendere salda la Voce. La figura della Sibilla ad oggi è molto in voga, dimenticandosi che altro non è che un Simbolo che cela la zona liminale tra pagano-cristiano che deve essere ricordata, senza tralasciare la storia che la Strega ha vissuto.

«In Grecia i mortali diranno che sono di un′altra patria, /sfrontata nativa di Eritre; 

figlia di Circe, / mia madre, e di Indovino, mio padre, mi diranno, Sibilla, / la pazza 

menzognera. Ma quando tutto ciò accadrà, / allora di me vi ricorderete e nessuno 

più / mi chiamerà pazza […]»

Oracula Sibyllina, vv. 813-818

 

Bibliografia

Laugrith Heid, La Stregoneria dei Vani, Anael Sas.

Laugrith Heid, Kindirúnar. Le Rune della Stirpe (Il Grimorio Necromantico), Anael

Sas.

Laugrith Heid, Rún. I tre aspetti di una Runa, Anael Sas

Laugrith Heid, Helvíti Svarturgaldur. Manuale pratico di Opera Necromantica Nord Europea, Anael Sas

Laugrith Heid, Tröld*R: il Fjölkynngisbók. Magia, Stregoneria e Folk Nord Europeo, Anael Sas

Laugrith Heid, Nawia. Stregoneria e Folk euroasiatico, Anael Sas

Riflessioni comparative: la Sibilla come frontiera letteraria dell’identità dei popoli, Elena Santilli

Oracoli Sibillini, Mariangela Monaca

La Sibilla nella tradizione oracolare, Bibiana Borzì

Emanuela Di Cecco
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Seminarista dell'Accademia Vanatrú Italia.

Affascinata fin da subito dall'amore per la ricerca che volge all'innovazione e all'equilibrio con la pratica stregonica. Riscopre sé e le sue radici attraverso il recupero del paganesimo europeo affrontato nei corsi dell'A.V.I.

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