La voce degli Oracoli e sul Tripode la Pizia è chiamata

In una storia ci sono sempre più versioni e molte volte ci viene detta quella meno conveniente, spesso discostandosi dalla sua origine.
Non c’è uomo che non abbia udito racconti sui gloriosi tempi riguardo la grecia pagana, sorvolando talvolta sulla sofferenza del declino, quel passaggio dal paganesimo al cristianesimo, che ha reso l’uomo al piano degli Déi e reso la poetica prosa.

L’intento di questo articolo è quello di dare memoria al sentire di chi un tempo ha vissuto il crepuscolo del paganesimo e risvegliare quel sentimento collettivo di religiosità, che non vede al centro l’uomo ma gli Dèi, i Demoni e la sacralità e l’alto rispetto per la natura e i suoi spiriti annessi.
I grandi quesiti dei filosofi riguardo alle cause che portarono al cosiddetto tramonto degli oracoli, condussero a diverse risposte, risposte che nelle loro righe comunemente avvolgevano il filtro su un comportamento dell’uomo: rivolgersi agli oracoli esclusivamente per fatti privati “di minuta importanza” come dice Plutarco, e qui viene a mancare il senso più ampio del vivere religioso, il fronte collettivo che include la presenza divina.


La divinazione o l’arte mantica è un atto di comunicazione con l’Altro, possiamo dire un rituale cui la Völva, in ambito nordico, o la Pizia per quello greco, diviene canale e portatrice del messaggio. In antropologia la divinazione si distingue in due tipologie:

– Mantica induttiva (divinatio artificiosa) = opera sulla decodifica dei segni e simboli che sia attraverso la natura o precisi strumenti sacri;

– Mantica intuitiva (divinatio naturalis) = è lo stato di Visione e Veggenza (Spà ok Sỳn), quindi la coscienza è alterata, non inibita da sostanze stupefacenti o altro, cui la strega diviene tramite della comunicazione Divina-Demoniaca.

L’oracolo dunque altro non è che una forma di divinazione ispirata e a sua volta è diviso in oracolo a incubazione, cui si hanno messaggi durante la veglia, come in Tessaglia e oracolo che ha come scopo il fornire risposte atte a orientare sia individualmente che collettivamente. Una coppa attica del V sec. a. C., ritrovata a Vulci, traspone la consultazione delfica nel mito: raffigura la Dea Themis che dà un responso a Egeo. I dettagli del designato atto, non si discostano dalla realtà, difatti nelle fonti durante il rituale la Pizia siede su di un tripode, dinanzi ha il consultante, il flusso dei fumi fuoriesce dal crepaccio, di fianco ha l’omphalos, il cosiddetto ombelico, una pietra ovoidale e in una mano erbe d’alloro o mirto e nell’altra la phiale.

Anche solamente dall’immagine vascolare si nota la compostezza e il raccoglimento della trance estatica della Pizia, paragonabile all’atto del Seiðr nel nord europa, cui la Völva siede nell’Alto Sedile per i responsi senza perdere mai il controllo, poichè l’atto di discesa e comunicazione non è atto passivo ma attivo dei sensi. Prima di consultare l’oracolo si osservavano i segni della volontà divina e la disposizione della Pizia nel ricevere l’afflato profetico, che suscita l’entusiasmo tale per cogliere il messaggio divino. Per comprendere tali fatti a volte si attuavano sacrifici, o lasciate offerte: lo scambio è sempre alla base di tali atti, infatti il richiedente donava per ricevere risposte del bestiame. Il luogo dove siedono poi i consultanti si riempie di una dolce brezza che “ispira dal sacrario come una sorgente” e si inizia il rito.

Spesso non viene sottolineato, ma l’oracolo di delfi non è sempre appartenuto al Dio Apollo, anzi, come la stessa Pizia racconta, pregando dinanzi al tempio, nel prologo delle Eumenidi di Eschilo risale alla Madre Terra, prima veggente:


«Prima tra tutti la Terra madre Gea io onoro,
che profetessa fu prima: indi Tèmide, come suona la fama,
seconda s’assise sul fatidico trono
che a lei lasciò la madre Terra
e Terra figlia, altra Titanide, Febe
a niuno facendo violenza, da Tèmide l’ottenne e a Febo,
col nome, quale dono genetliaco,
lo diede».


Questo passo, e il ripercorre cronologico del principio oracolare della profetessa, ricorda molto il primo passo della Völuspà, dove la veggente attraverso l’atto sacro del Ricordo, onora le essenze primordiali che, sia nella cultura greca che nordica, sono i Giganti.
Evidente è il ruolo fondamentale che ricopre la strega, non una strega qualsiasi, ma colei che nelle impervie vie dell’oblio s’impone con le sue membra cucite di Ricordo.
A livello storico e religioso l’avvento del cristianesimo è stato incisivo, come approfondito e fatto chiarezza nell’articolo Da qui ricomincia tutto, e voglio calcare queste righe di una parte della storia che non viene mai raccontata: il sentire di un popolo che vide portarsi via la loro identità e libertà religiosa.
Poiché è doveroso sottolineare che, rimanendo sul tema principe dell’articolo, l’oracolo di Delfi non ha mai preteso l’esclusiva: gli oracoli in sé, ma tutto il paganesimo, non aveva bisogno di presentarsi come portatore di un verbo di assoluta verità con un senso di negazione e condanna verso le altre religioni. Vi lascio dei versi che mi hanno colpita profondamente da Pagana, ma penso che possano ispirare chiunque abbia quel poco di coraggio nel vestire i panni di un pagano dell’epoca e soprattutto posando la vista sugli Dèi, i Demoni, gli spiriti da sempre onorati, con offerte e preghiere che da quel momento divennero solo eco in grotte non più visitate.


«Gli oracoli sono muti,
Apollo dal suo sacrario
non sarà più profeta,
lasciando con vano grido l’erta di Delfi.
Né sogni di notte, né soffi incantati
ispirano dalla cella profetica il sacerdote dagli occhi smorti.
Per i monti solitari,
per le spiagge risonanti,
s’ode una voce di pianto e un alto lamento;
dalle fonti percorse da spettri, dalle valli
orlate di pioppi bianchi,
deve partirsi il Genio, sospirando l’addio»


Jhon Milton, Inno sul Mattino della Natività di Cristo

Tutto ciò ovviamente ha un limite, come si può pensare che una religione creata dall’uomo possa obliare la religione che dalla preistoria ad oggi permea ancora l’intero mondo. Non vi è luogo che non vibri di paganesimo e il Vanatrù Italia, ormai da anni e non con poche difficoltà nel panorama italiano, porta avanti l’obiettivo di riportare alla luce, attraverso le fonti, ciò che si è tentato di occultare, ma che mai è morto e mai potrà morire: il Paganesimo, le Antiche Religioni che nulla hanno a che vedere con i movimenti neopagani.

E concludo affermando che la Nostalgia dell’Antico e la consapevolezza del Qui e Ora sono il sentiero battuto del Ritorno.

Laugrith Heid, La Stregoneria dei Vani, Anael Sas.
Laugrith Heid, Kindirúnar. Le Rune della Stirpe (Il Grimorio Necromantico), Anael
Sas.
Laugrith Heid, Rún. I tre aspetti della Runa, Anael Sas
Laugrith Heid, Helvíti Svarturgaldur. Manuale pratico di Opera Necromantica Nord Europea,
Anael Sas
Laugrith Heid, Tröld*R: il Fjölkynngisbók. Magia, Stregoneria e Folk Nord Europeo, Anael
Sas
Laugrith Heid, Nawia. Stregoneria e Folk euroasiatico, Anael Sas
ESCHILO, Eumenidi, in Le Tragedie, Agamennone, Coefore,
Eumenidi, Ettore Bignone, G.C. Sansoni Editore, Firenze 1939
ESCHILO, Eumenidi, in Le Tragedie, Agamennone, Coefore,
Eumenidi, Zanichelli editore, Bologna 1927
Plutarco, Dialoghi Delfici, introduzione di Dario del Corno pp 129
Enciclopedia Treccani

Emanuela Di Cecco
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Seminarista dell'Accademia Vanatrú Italia.

Affascinata fin da subito dall'amore per la ricerca che volge all'innovazione e all'equilibrio con la pratica stregonica. Riscopre sé e le sue radici attraverso il recupero del paganesimo europeo affrontato nei corsi dell'A.V.I.

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