Laima e le sue sorelle: le tessitrici dei destini

Il fato, il destino, concetti ed elementi portanti che hanno rivestito sempre un ruolo ineluttabile nella vita dell’essere umano.

Addirittura secondo alcune mitologie gli Dei stessi erano costretti a piegarsi dinanzi al volere di coloro che tessevano i fili delle esistenze terrene ed ultraterrene. Filatrici che tramite l’arte della filatura appunto, arte tanto antica quanto potente nella sua sostanza più primordiale, reggevano gli equilibri tra ordine e caos primigenio. In ogni tradizione questo ruolo indispensabile è stato personificato da essenze divine, disegnatrici di ogni genere di scelta nella vita degli esseri umani e sovraumani, dispensatrici di buona e cattiva sorte.

Così come in ambito Nordico troviamo le figure delle tre Norne, Urdr, Verdandi e Skuld, in ambito baltico troviamo Laima e le sue sorelle. La triade può definirsi così composta: Laima, Dalia e Giltiné. Secondo gli studi portati avanti dall’archeologa Marija Gimbutas, e poi successivamente da studiosi ed autori come Trinkūnas, in realtà le tre essenze potrebbero non essere altro che la diverse manifestazioni che compongono l’unica dea primigenia Laima.                                                                            

Laima in primis viene identificata come dea del Fato, pertanto legata alla filatura, ed il suo stesso nome ha come significato “Destino”. Oltre ad essere definita come Dea del Fato riveste anche il ruolo di Dea della Nascita, non a caso nella cultura lituana e lettone viene collegata alle nascite e all’avere figli.

E’ lei a determinare quanto possa essere lunga o breve la vita di un essere umano e a prevedere o determinare gli eventi nella vita di ogni essere vivente. Si può definire come l’immagine stessa della fertilità della natura e pertanto, come nella natura stessa è riscontrabile, di ogni atto e cambiamento che avviene attorno a noi. Oltre ad assumere una forma umana, la dea Laima può avere anche forma animale, quale ad esempio un’orsa, una gallina, un menhir e soprattutto un cuculo. Il cuculo infatti si dice che possa prevedere l’ampiezza della vita di una persona, la sua felicità e anche il matrimonio.

Gli antichi popoli, soprattutto in ambito contadino, si alzavano la mattina con il canto del cuculo, ed era quello stesso canto a scandire l’incipit della giornata; non è un caso inoltre se secondo alcune tradizioni il canto del cuculo sia di buon auspicio per chi lo ascolti.  Come dicevamo Laima è colei che gestisce il destino di tutti i neonati, nelle credenze popolari ci viene specificato che infatti lei comparisse alla finestra nel momento del parto e prevedesse il futuro del bambino.  Da qui nacque l’usanza, soprattutto in ambito Lettone, del “Rituale della nascita”.

Questo rituale si svolgeva in una sauna e potevano presenziarvi solo le donne; durante il rito venivano sacrificati alla dea un airone o una pecora. Oltre ai sacrifici animali venivano fatti anche doni alla divinità, i quali come ci riporta con accuratezza la Gimbutas erano principalmente asciugamani in lino, splendide cinture intessute e fusaiole. In alcuni siti neolitici in Lettonia e Lituania, sono stati inoltre ritrovati dei mestoli di legno a forma d’anatra che servivano probabilmente proprio durante gli atti rituali svolti per la dea Laima.                                                        

Un’altra manifestazione, o sorella di Laima, è Dalia conosciuta anche come Laima Dalia. Questa divinità era colei che presiedeva alla distribuzione dei beni, prettamente materiali, in misura congrua a quanto spetti di diritto ad un determinato essere umano. Secondo il folclore lituano il nome potrebbe derivare dalla parola “Dails” che significa non a caso “parte”, quindi il consegnare a qualcuno la parte (di un qualcosa) che merita. Questo attributo può avere a mio avviso una forte valenza determinatrice nel sostrato sociale, in quanto se Laima deteneva di per sé la scintilla generatrice o volendolo definire meglio l’atto della creazione di un nuovo essere vivente, Dalia era invece colei che andava a determinare il ruolo che quello stesso essere avrebbe potuto rivestire in un contesto sociale sulla base appunto di quanto gli fosse stato donato. Una sorta di dote. Come Laima anche Dalia ha figure animali alle quali viene di sovente associata. Tra queste si annoverano l’ariete e soprattutto il cigno.

Nel folclore è abbondante la presenza di “fanciulle cigno”, donne bellissime le quali una volta sposate da un povero contadino ne determinavano la fortuna non solo in amore e nella vita quotidiana, ma anche la ricchezza e la conseguente felicità. Una cosa molto importante e anche caratterizzante di questa manifestazione divina è il dare volontariamente la parte spettante, nel senso che nulla si può ottenere o prendere con la forza se non è stata Dalia stessa a determinare la ricezione di quel dono. L’incauto nel migliore dei casi vedrebbe scomparire giorno dopo giorno la fortuna ottenuta davanti ai propri occhi.    

L’ultima sorella di Laima, la più terrifica ed inevitabile, è Giltinè ovvero la Morte. Anche lei viene spesso descritta come una e trina nella tradizione. Nel folclore a volte viene anche personificata, resa una donna dall’aspetto poco piacevole e soprattutto con la lingua avvelenata; viaggia per cimiteri in modo da estrarre con la lingua il veleno mortifero dai defunti e usarlo su coloro che sono ancora vivi. Questa immagine terrificante, questa morte umanizzata quasi come a volerne in qualche modo definire i tratti ribassandola però ad un livello che è tipico dell’umana essenza e dell’umano apparire.

Secondo il folclore nessun ostacolo può essere da impedimento a Giltinè, né porte, né finestre, né recinzioni, nulla può fermare il suo arrivo e placarne l’istinto di morte. Il nome stesso della dea ha radice in parole come “Galas” ovvero “la fine”, oppure “Geltigé” che altro non sarebbe che l’itterizia gialla, quindi richiama ciò che è inevitabile ed inarrestabile. Si può temporeggiare ingannandola, tipico è l’esempio della noce o del cesto, ovvero il rinchiuderla temporaneamente per ritardarne l’azione. Ma la Morte non può essere fermata, la morte arriva con rapide ali su chiunque, non c’è scampo quando il momento è giunto, non ci sono più fili da allungare o tirare, perché anche a livello fisico per quanto in filo voglia essere tirato prima o poi è destinato a spezzarsi. Non si può sfuggire al Destino che è stato scritto alla nascita dell’individuo. Sempre secondo le credenze popolari spesso Giltinè non si manifesta a livello fisico, piuttosto con il rumore di porte che sbattono, un tintinnio, un sibilo che si diffonde nell’aria o il rumore di una frusta.

Può essere quel brivido che sale lungo la schiena quando Lei invisibile incrocia lo sguardo umano, può essere un’ombra oscura che si propaga e si insinua scivolosa spegnendo la luce vitale col suo abbraccio. Può essere tante cose, ma nell’essenza più pura e assoluta non è altro che il compiersi finale di ciò che è stato avviato nel processo di tessitura iniziale di Laima. Dee del Destino, dee che determinano, dee che donano o tolgono, dee che tessono. La tessitura, quell’arte tanto antica e tanto occulta che smuove le fila, intreccia le menti, libera e condanna. Un’arte di primaria importanza sia in ambito Nordico che in ambito Euroasiatico e che il nostro gruppo, il Vanatrú Italia sta portando avanti secondo il vero uso non contaminato da contesti o congetture filoabramitiche e moderne.

Perché bisogna capire che per far sì che gli Dei filino al meglio con tutta la loro forza e il loro splendore, è necessario che anche la Strega, in quanto tale e in quanto comunicatore, continui o torni a filare aiutando a tessere al meglio il proprio e l’altrui destino. 

  • Laugrith Heid, La Stregoneria dei Vani, Anaelsas edizioni.
  • Laugrith Heid, Kindirúnar, Le Rune della Stirpe, Il Grimorio Necromantico, Anaelsas edizioni.
  • Laugrith Heid, Rún, i tre aspetti di una Runa, Anaelsas edizioni.
  • Laugrith Heid, Helvíti Svarturgaldur, Manuale pratico di Opera Necromantica Nord Europea, Anaelsas edizioni.
  • Laugrith Heid, Tröld*R: il Fjölkynngisbók. Magia, Stregoneria e Folk Nord Europeo, Anaelsas edizioni.
  • Laugrith Heid, Nawia. Stregoneria e Folk euroasiatico, Anaelsas edizioni.
  • M. Gimbutas, Le Dee Viventi, Medusa Edizioni 
  • M. Gimbutas, Il Linguaggio della Dea, Neri Pozza Editore
  • J. Trinkūnas, Gods e Holidays. The Baltic Heritage, Tvermé Editor
Luca M. Valentini
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Seminarista presso l'Accademia Vanatrú Italia.

Ha svolto studi classici ed è appassionato di storia, mitologia e antropologia con particolare interesse per la sezione nordica, slava ed est europea.

Il primo incontro con la Stregoneria lo ha avuto in giovane età ma solo con la formazione e il culto Vanatrú ha imparato a relazionarsi correttamente e con disciplina alla materia e alla pratica.

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