Tanto i gioielli quanto gli oggetti preziosi hanno in ogni tempo, in ogni luogo e presso ogni civiltà richiamato a sé il fascino dell’essere umano. Questo senso di meraviglia, stupore e gioia dinanzi a simili creazioni è perdurato nei secoli fino ad arrivare ai giorni nostri. Il gioiello di per sé non può essere considerato un semplice orpello, quanto piuttosto la soluzione adottata dall’uomo a quell’ancestrale bisogno e desiderio di abbellimento ed utilità. Una vera forma d’arte quella dell’oreficeria, che col tempo ha conquistato a pieno titolo il passaggio da arte minore ad arte maggiore (seguendo l’incipit avviato in ambito fiorentino appunto sulla suddivisione delle arti e dei mestieri).
I gioielli però, come vedremo anche più avanti, non ebbero per l’appunto sempre e solo una funzione estetica ed ornamentale, iniziarono a servire anche al bisogno stregonico e rituale dell’uomo. Oggetti preziosi, nella loro accezione più ampia, che aiutavano l’uomo a proteggersi dai mali, necessari durante atti di consacrazione rituale e per vere e proprie azioni di arte stregona. Facendo in primis una analisi storica possiamo notare come i primi coloni germanici si spostarono dalla Germania nord occidentale e dalla Danimarca nel V° sec verso la zona dell’attuale Inghilterra, portando con loro le tradizioni in ambito orafo ed ornamentale già adottate nel Tardo Impero.
Questo includeva principalmente motivi geometrici, volute ricorrenti e richiami zoomorfici. L’elemento ornamentale dominante era quello animale, sia a livello di raffigurazione a volte frammentarie e minimaliste che altro. Questa prima fase viene conosciuta in Scandinavia come Fase 1, che verrà poi seguita da una seconda fase assai più coerente, stilizzata e meno caotica. Molte informazioni ci sono pervenute grazie alle tipiche modalità di sepoltura dei morti in ambito germanico. Era consuetudine ormai consolidata infatti di seppellire i morti assieme ai propri oggetti personali, tra questi vi erano appunto anche i gioielli; un esempio di sepoltura di questo tipo possiamo riscontrarlo nel Drakkar di Oseberg dove è stato rinvenuto uno dei corredi funebri più interessanti e completi giunti a noi fino ad oggi (datato 815-820). Drakkar sono tipiche navi vichinghe, ma la cosa interessante della Nave di Oseberg è che sia stata utilizzata essa stessa come camera funeraria presso un tumulo vicino all’odierna città di Tønsberg.
La pratica della tumulazione con il proprio corredo non solo ha permesso la sopravvivenza di reperti e ricchezze, ma ha permesso agli studiosi di dimostrare quanto fiorente fosse il mestiere dell’oreficeria. Soprattutto dalla Scandinavia pagana ci sono pervenute tombe dal valore inestimabile sia per i tesori in esse contenute (oggetti di derivazione animale e preziosi), sia per farci capire che le trame di questo mestiere, ovvero quello della gioielleria, hanno superato le pieghe del tempo per arrivare fino a noi a testimoniarci una tradizione che praticamente rimase interrotta. Tra il IX° e X° secolo, possiamo notare un cambiamento in merito ai metalli utilizzati.
Grazie alle migrazioni vichinghe sono stati portati in Scandinavia prodotti più esotici, tra questi vi era l’argento. Col tempo le riserve aurifere andarono pian piano diminuendo quindi si passò dall’utilizzo dell’oro a quello dell’argento e del bronzo. C’è da dire che i gioielli venivano indossati indistintamente sia da uomini che da donne; caratteristici gioielli maschili potevano essere bracciali, anelli o fibule per i mantelli (spesso anche molto lunghe):
Per quanto riguarda quelli da donna, troviamo sempre anelli e fibbie ma riscontriamo un particolare tipo di spille, utilizzate dalle donne sposate, che sono le spille a tartaruga. I decori potevano variare da zona a zona, quello che restava invariato era il loro utilizzo a coppia spesso associato ad un filo di perle di diverso materiale a congiungerle. La lavorazione come possiamo ammirare poteva essere semplicemente incisa o a traforo.
Alla fine di questa analisi storica, come detto in precedenza, è necessario andare ad indagare anche l’utilizzo sacro e rituale che rivestivano i gioielli nell’antico Nord e nell’epoca Vichinga. Come si potrà intuire l’associazione al sacro viene consequenzialmente in quanto un oggetto prezioso conserva in sé già il legame insito con l’atto mistico della creazione. Tutto ha inizio da una scintilla, prosegue con un legame liquido per poi completare il tutto con l’elaborazione materiale effettiva.
A ciò si aggiunge il fattore rituale e stregonico, basti pensare alla miriade di reperti rinvenuti a scopo votivo e non solo. Un oggetto fra i più comuni in questo ambito è l’anello. Gli anelli infatti sono prettamente legati al giuramento, all’incanto e molto spesso riportano lungo la propria circonferenza una formula magica incisa per un motivo specifico. Risulta inoltre essere un oggetto ad uso sacerdotale, quindi con una propria componente sacra e divina durante le assemblee.
Possiamo ricollegarlo come elemento anche alla concezione sacra dei Berserkr, non a caso abbiamo testimonianze del suo utilizzo ad esempio anche nell’Eyrbyggja Saga. Un esempio di un simile manufatto può essere il Kingmoor Ring visibile al British Museum, un anello in oro con rune incise tutte attorno a formare una formula magica (per maggiori approfondimenti leggere “Kindirúnar. Le Rune della stirpe. Il Grimorio Necromantico” di Laugrith Heid edito da Anael Sas).
Oppure un altro esempio di utilizzo sacro e rituale possono essere le offerte votive tramite l’utilizzo di amuleti, come nel caso degli anelli rinvenuti nel sito cultuale al dio Ullr. Oggetti insomma assegnati, donati ad una specifica divinità per permettere così che venisse ascoltata la richiesta che il pagano innalzava al dio o alla dea. Per finire questa breve analisi vanno ricordati anche altri oggetti dalla forte connotazione stregonica, quali ad esempio pendenti o pettini in osso, costituiti per l’appunto da un materiale da sempre utilizzato e dalla forte componente necromantica.
L’utilizzo di questo materiale permetteva così che si creasse un collegamento per l’appunto tra l’aspetto caratterizzante dell’animale dal quale era pervenuto quel dato elemento e la Völva che nella sua pratica andava a farne utilizzo. Pratica stregonica quella della necromanzia dalla forte connotazione e ad oggi portata avanti secondo gli usi del tempo in ambito Vanico.
Laugrith Heid, La Stregoneria dei Vani, ), Anael Sas.
Laugrith Heid, Kindirúnar. Le Rune della Stirpe (Il Grimorio Necromantico), Anael
Sas.
Hugh Tait, 7000 years of jewellery, The British Museum Press.
Luciano Artusi, Le arti e i mestieri di Firenze, Newton & Compton
Eyrbyggja Saga
Luca M. Valentini
Seminarista presso l'Accademia Vanatrú Italia.
Ha svolto studi classici ed è appassionato di storia, mitologia e antropologia con particolare interesse per la sezione nordica, slava ed est europea.
Il primo incontro con la Stregoneria lo ha avuto in giovane età ma solo con la formazione e il culto Vanatrú ha imparato a relazionarsi correttamente e con disciplina alla materia e alla pratica.