Dalla tradizione orale alle Saghe: il pensiero dell’uomo pagano.

Prima dei segni, prima delle Rune, prima dell’avvento della scrittura con i suoi generi letterari, i popoli scandinavi sono stati caratterizzati da una lunga tradizione orale, definita oralità primaria.

Era attraverso il racconto e quindi la parola che si tramandavano accadimenti, storie, che venivano istruiti i giovani, e che venivano insegnati i rituali e sussurrati i segreti iniziatici.

La parola a differenza della scrittura ha la caratteristica di non rimanere impressa se non nella memoria di chi la pronuncia e di chi l’ascolta, è per così dire volatile. Per questo le tradizioni, il folklore e più in generale la storia di un clan, di un popolo, dipendevano interamente dalla capacità di ricordare. La memoria era il punto focale che permetteva alla saggezza di quelle genti di essere tramandata di generazione in generazione. 

Nelle pratiche che proponiamo si attinge direttamente al ricordo e alle memorie delle gesta degli antenati.

La predominanza dell’oralità comportava un diverso metodo espressivo. Infatti occorrevano specifiche tecniche mnemoniche che consistevano nell’apprendere verso per verso, attraverso formule rigide, ripetizioni, espressioni stereotipate e convenzionali; in tal modo si aiutava la mente a concatenare gli eventi della storia da raccontare.

Ma l’oralità comportava anche un diverso medo di pensare rispetto a quello dei nostri giorni. Infatti non esistendo la scrittura, la parola veniva concepita in maniera differente: non vi era la sua rappresentazione visiva; per così dire le parole erano eventi che accadevano in un determinato lasso temporale e poi finivano in quanto ne iniziava un altro. Ciò collega ad un’altra importante caratteristica di queste società: le parole erano efficaci nel momento nel quale venivano dette. Il verbo aveva così un grande potere, in quanto al “dire corrispondeva il fare”, aveva potere evocativo, soprattutto nei rituali, nelle formule, negli incanti, ecc.

Da tutto questo si può comprendere come nelle popolazioni a tradizione orale l’intera percezione del mondo, della società e della natura fosse nettamente differente.

Se invece parliamo di fonti scritte, ci affacciamo su un panorama vasto i cui margini comprendono sia manufatti, monumenti, che composizioni letterarie, a loro volta differenziate in poetica (eddica e scaldica) e in prosa, come la cosiddetta Saga.

Saga è ciò che si dice, ciò che si racconta, è una “storia” e l’etimologia conferma tale prospettiva: il verbo antico nordico Segja significa appunto “dire”.

La Saga a livello tecnico è un racconto, ma il loro scopo trascende, poiché sono custodie d’inchiostro della memoria di un popolo, della loro tradizione, della loro quotidianità: il pensiero religioso dell’uomo antico, nonché un criptico tramandare della ritualistica.

Già dall’etimologia è evidente il suo nesso con la tradizione orale, infatti la saga non è altro che lo scritto di ciò che in precedenza era tramandando di generazione in generazione attraverso il Verbo. Possiamo dire che la Saga è il punto di continuità, una volta che le esigenze cambiarono, della “parola viva” come dice Socrate, infatti mantiene nella struttura dello stile e della narrazione la semplicità e un carattere diretto, calcato nella ripetizione, proprio della Tradizione Orale.

Nell’ampio corpus delle saghe si naviga per diversi temi, troviamo Íslendinga sögur “Saghe degli Islandesi”, Konunga sögur “Saghe dei Re” che hanno un carattere più storico e familiare, e la Fornaldar sögur “Saga dei tempi Antichi”, quest’ultime ambientate negli anni precedenti alla colonizzazione dell’Islanda e hanno una connotazione leggendaria.

Tra le tante citiamo l’Ynglinga Saga, la Laxdæla saga, la Völsunga saga che sono tutte saghe essenziali per lo studio accademico.

Un aspetto che interessa maggiormente la ricerca e la centralità dei corsi all’Accademia Vanatrù Italia è ridare voce al vestigio degli antenati, estrapolando dalle fonti il pensiero antico e la ritualistica.
A tal proposito apre un nuovo ciclo di corsi specifico nello studio delle Saghe e del pensiero dell’uomo pagano. L’incontro si terrà il 13 Ottobre alle ore 21.00, a cura di Federico Pizzileo sulla Saga di Erik il Rosso.

Bibliografia:

  • Anderson, S. A. (1939). THE ATTITUDE OF THE HISTORIANS TOWARD THE OLD NORSE SAGAS. Scandinavian Studies and Notes, 15(8), 266–274.
  • Isnardi, G. C. (2016), Edda – Snorri Sturluson
  • Laugrith Heid (2017), La Stregoneria dei Vani, Anaelsas edizioni

 Sitografia:

Arianna Bignardi
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Seminarista presso l'Accademia Vanatrú Italia.

Laureata in Scienze della Comunicazione, attratta fin dall'adolescenza dalla sociologia, dall'antropologia e dalla filosofia. È approdata al Vanatrú Italia alla ricerca di un percorso stregonico e un culto avvalorato da fonti; con l'A.V.I ha la possibilità di studiare e immergersi nel paganesimo e nelle pratiche stregoniche del Nord Europa, nonché di apprendere la disciplina necessaria volta allo sviluppo del sé stregonico.

Emanuela Di Cecco
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Seminarista dell'Accademia Vanatrú Italia.

Affascinata fin da subito dall'amore per la ricerca che volge all'innovazione e all'equilibrio con la pratica stregonica. Riscopre sé e le sue radici attraverso il recupero del paganesimo europeo affrontato nei corsi dell'A.V.I.

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