Culto della morte e necromanzia tra Mesolitico e Neolitico

Dal punto di vista archeologico, il rituale funebre e necromanzia racchiude diverse informazioni che contribuiscono alla conoscenza del sistema sociale e delle caratteristiche antropologiche di una popolazione. Studiare come veniva trattato il corpo di un defunto significa sapere il significato dei rituali attuati e l’importanza attribuita.

Oggi, infatti, siamo a conoscenza che il rito funebre con sepolture volontarie e pratiche cultuali complesse siano state un punto focale già nel periodo Paleolitico e che vennero poi integrate e perfezionate nel corso del Mesolitico e Neolitico e dei successivi periodi storici.

A tal proposito, la maggior parte degli studiosi è concordo sul presupporre che già in età preistorica, data la complessità di queste pratiche e l’importanza del defunto, vi era una figura specifica e specializzata attorno a cui ruotava tutta la comunità. Si trattava di un professionista custode di conoscenze ed esperienze che aveva la capacità di poter operare sulla salma in termini essoterici ed esoterici. Infatti, quando le funzioni vitali cessano, il corpo inizia a subire una drammatica e irreversibile trasformazione, che andava gestita attraverso un rituale con competenze specifiche.

Tomba rituale (Nord Europa)

A riferirci quanto detto, troviamo l’analisi approfondita di molte camere mortuarie, in particolare di quelle di tre cimiteri mesolitici a Skateholm (Svezia meridionale), Vedbaæk/Bøgebakken (Svezia orientale-Danimarca) e Zvejnieki (Lettonia settentrionale), in cui si evidenzia come il rituale funebre fosse incentrato sul mantenere l’integrità del corpo del defunto facendolo assomigliare al vivente. Il corpo veniva sepolto con deposizione primaria: la fossa era immediatamente riempita, la posizione era realistica, occasionalmente il corpo era avvolto o posto sopra delle piattaforme con alcuni oggetti, e tutti i processi di decomposizione venivano nascosti.

La tomba era il punto focale per ricordare il defunto e aiutarlo a splendere, rispettandone la morte.

La concezione della morte e della necromanzia

Ci sono svariati modi in cui le comunità preistoriche si comportavano di fronte all’evento della morte e alle
conseguenti mutazioni sia fisiche sia spirituali.

Il lutto era pur sempre una perdita, ossia un dolore da dover superare, ma attraverso il rituale mortuario e di necromanzia, compiuto dal professionista, il cadavere veniva trattato al fine di avere una “buona morte”.

I rituali funebri potevano essere diversi a seconda delle varie culture dei popoli, ma la cosa che li accomuna tutti è che tutte le comunità avevano una figura di riferimento, che aveva anche il compito di prendersi cura del cadavere, evidenziando un senso collettivo di identità e di appartanenza.

Oltre la morte

Il rituale funebre era quindi un processo strutturato. Da qui è importante analizzare le azioni che venivano svolte: specifiche, significative e potenti, in cui ogni movimento, ogni suono e ogni gesto è parte di un processo specifico di chi lo esegue e che possiede una conoscenza tale da eseguirlo nel modo corretto.

L’analisi dei riti funebri precedentemente descritti riportano quindi gli stessi elementi di un’altra figura: la strega scandinava, colei che custodisce anche la conoscenza per curare i defunti, per prepararli e ritualizzarli, attraverso la Necromanzia; attua il recupero della morte per dare una scelta al defunto, per liberarlo dal dolore, poiché l’atto necromantico è un atto di puro amore in cui si dà nuova vita a ciò che muore.

Il defunto, seguendo il pensiero pagano antico, rappresenta l’eredità storica ed è per ciò molto importante accompagnarlo nel trapasso nel modo corretto, attraverso simboli e significati.

Oggi giorno si è dimenticata la necromanzia, la caducità della vita e la sofferenza è molto più forte, ma è necessario invece ricordare le proprie radici e andare oltre il dolore, per riconnetterci al culto agricolo stesso, che è culto di morte e di vita.

Il recupero delle antiche tradizioni offuscate nel corso dei secoli, tra cui la figura fondamentale della Vǫlva
attorno a cui si raccoglieva tutta la comunità germanica e che troviamo riscontro fin dall’età preistorica, ci aiuta a non perdere le vere radici della nostra Vecchia Europa, significa dare il reale significato al concetto della morte e ritrovare la necromanzia, affrontandola nel modo corretto.

Questo recupero della memoria collettiva ci riporta alle radici della nostra Vecchia Europa e alla rivendicazione della purezza di intenti che è segue e unisce, come un filo rosso che attraversa i secoli, la Preistoria e il Presente, proiettandosi verso un nuovo luminoso futuro.

rituali e necromanzia find alla preistoria
Eric Sosa, Moesgaard Museum.

  • Pasini Alba, “Dallo scavo al laboratorio”
  • L.N.S., “The way we bury our dead”
  • Heid Laugrith, “HelViti Svarturgaldur”
  • Duday, “The Archeology of the Dead”
  • Huntington “Celebrations of Death”
Jessika Peirani
Leggi altri post

Seminarista presso l'Accademia Vanatrù Italia.

Diplomata al liceo scientifico riscopre l'amore per la filosofia proprio con i seminari del Vanatrù Italia, a cui approda durante la ricerca di testi sulle Rune che la appassionano da sempre ma senza aver mai trovato fonti attendibili. Da qui inizia anche l'amore e lo studio della stregoneria e il culto pagano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *