Il panorama nordico offre diverse testimonianze di atti che oggigiorno, con la morale moderna, potrebbero apparire ambigui, sicuramente da evitare.
Quanto stiamo per raccontare è però qualcosa di forte, un tema delicato che può e deve essere riportato alla luce: il consumo di sangue e di carne.
Entrambi sono alquanto problematici nella derivazione di istinti selvaggi e comportamenti cannibalistici; non a caso, uno dei senna (insulti) dichiarati contro Sinfjǫtli fu:
þú hefir etnar úlfa krásir oc brœðr þínom at bana orðit, opt sár sogin með svǫlom munni, hefr í hreysi hvarleiðr scriðit
Ossia: “Ti sei nutrito delle prelibatezze dei lupi [> carogne] e sei diventato l’assassino di tuo fratello. Spesso ti sei succhiato ferite con la bocca fredda, sei scivolato in un mucchio di pietre, odiato dappertutto.”
Guðmundr, infatti, collega il consumo di sangue con l’uccisione dei parenti, alludendo alla criminalità che era socialmente equiparata all’esistenza di un lupo.
Ma il segno dei suoi denti è un sintomo della trasformazione, non una causa, che è portata dall’úlfahamir, piuttosto che dall’ingestione di materia corporea.
Si ha anche testimonianze da saghe di bevande contenenti “vitnishræ”, che permettono di godere di “svá æfr ok ágjarn”.
Sembra quindi che, incorporando l’ingestione di carne attraverso il mezzo di una bevanda, si assuma un aspetto particolarmente trasgressivo della natura percepita del lupo.
Ma chiariamo una cosa: sebbene la maggior parte della discussione sopra si riferisca al consumo di sangue animale e carne, è possibile trovare anche raffigurazioni nella letteratura del consumo di sangue umano.
Il sangue che appare nella stanza 214 del Fáfnismál conferisce a Sigurðr un valore simbolico piuttosto che fisiologico, anche se Joseph Nagy sostiene che Sigurðr tratta Reginn “come se anche lui fosse un contenitore di una merce preziosa, come i suoi due fratelli defunti”.
Il bere di Sigurðr funziona quindi come un segno di dominio incorporativo sui suoi avversari e porta, come osserva Larrington, alla conferma che “il suo apprendistato è terminato, è pronto per l’oltre”.
Tutto questo fa chiaramente parte di un percorso iniziatico e misterico, il cui mistero – per l’appunto – è nascosto nel tesoro e rimane ciò che è inspiegabile.
Le bevande di sangue rappresentano da quanto si vede un elemento ispirazionale e celebrativo, capace di canalizzare e inebriare, trasmettendo conoscenza e selvatichezza, come solo il nostro popolo sapeva sopportare.
Per approfondimenti:
Laugrith Heid, La Stregoneria dei Vani, Anaelsas edizioni.
Laugrith Heid, Kindirúnar, Le Rune della Stirpe, Il Grimorio Necromantico, Anaelsas edizioni.
Laugrith Heid, Rún, i tre aspetti di una Runa, Anaelsas edizioni.
Laugrith Heid, Helvíti Svarturgaldur, Manuale pratico di Opera Necromantica Nord Europea, Anaelsas edizioni.
Laugrith Heid, Tröld*R: il Fjölkynngisbók. Magia, Stregoneria e Folk Nord Europeo, Anaelsas edizioni.
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Federico Pizzileo
Seminarista e docente presso l'Accademia Vanatrú Italia.
Gli studi di linguistica e di filologia germanica universitari gli hanno aperto il mondo verso uno sguardo nuovo alle parole e alle radici europee. Con l'arrivo in A.V.I. ha potuto scoprire la sua origine pagana, entrare nella stregoneria, nell'esoterismo e nell'occultismo e acquisire il metodo di ricerca innovativo.
Oggi, oltre a essere seminarista, si occupa anche della sezione di classi relativa al mito, al rito, alle saghe e al recupero del pensiero dell'uomo antico.